Chiara Rota Bulò, 39 anni, è laureata in Lingue e Letterature Straniere con una specializzazione in letteratura inglese e americana. Lavora come docente di inglese in una scuola superiore di Bergamo.
“La bestia a due schiene” è il suo primo romanzo, in cui si racconta la storia di un padre e di una figlia che intrecciano una relazione amorosa dai toni foschi e contorti. In sottofondo aleggia lo spettro della malattia mentale, unito all’ossessione per la letteratura che accomuna entrambi i protagonisti.
ACVC: Come è nata l'idea per "La Bestia a Due Schiene" e quali sono state le tue principali fonti d'ispirazione per la trama e i personaggi?
Chiara: L’idea è nata qualche anno fa, su un forum di scrittura a cui partecipavo insieme ad un gruppo di amici. Ogni scrittore raccontava un pezzo di storia dal punto di vista di uno o più personaggi. All’epoca scrivevo di due personaggi che avevano una relazione tra loro. Nonostante ciò, ogni volta che pensavo a loro come a una coppia sentivo che non rientravano del tutto in quella definizione. Analizzando con attenzione il loro rapporto, mi resi conto che avevano una dinamica per certi versi più simile a quella tra un padre e una figlia, il che comunque non escludeva anche un lato romantico / erotico. Ne fui affascinata, al punto che decisi di approfondire il tema dell’incesto (in questo caso consensuale e tra due persone adulte), che viene percepito come un grosso tabù. Per i personaggi non ho tratto ispirazione da persone reali, sono frutto della mia immaginazione. Tuttavia per il personaggio del padre, affetto da una malattia mentale, ho fatto diverse ricerche per capire cosa significhi vivere con una patologia psichiatrica.
ACVC: Il titolo del tuo libro è molto evocativo. Puoi condividere con noi il significato di questo titolo e come si relaziona alla storia?
Chiara: Il titolo del libro è una citazione dal primo atto dell’Otello di Shakespeare. Iago, l’antagonista della tragedia, usa questa immagine per evocare il rapporto sessuale tra Otello e Desdemona, suggerendone la natura mostruosa. Nella tragedia di Shakespeare a rendere tabù il rapporto tra i due personaggi è il fatto che lei sia bianca e lui sia nero. Ho voluto riprendere l’immagine come titolo del mio romanzo per suggerire il tema di una relazione contraria alla sensibilità pubblica. Inoltre il romanzo attinge sia a questa sia ad altre opere di Shakespeare, a volte sovvertendone il contesto, per evocare il modo in cui la letteratura dà forma ai pensieri dei personaggi e al loro modo di percepire quello che li circonda.
ACVC: La tua scrittura ha un forte senso dell'atmosfera e della ambientazione. Come hai lavorato per creare l'ambientazione del libro?
Chiara: Di norma, quando scrivo, tendo ad evitare le descrizioni troppo lunghe e minuziose, a mio avviso rendono la lettura troppo pesante. Preferisco invece tratteggiare un ambiente con solo qualche dettaglio rilevante, in modo che il lettore riempia i vuoti con la sua immaginazione, creando quindi un’immagine mentale che sia unicamente sua.
Il romanzo si svolge in pochi spazi chiusi, quindi l’ambientazione risulta volutamente claustrofobica. Volevo suggerire l’idea di segretezza, di una storia che deve rimanere circoscritta in pochissimo spazio, perché se ne fuoriuscisse potrebbe avere un impatto devastante.
ACVC: I personaggi sono una parte fondamentale di qualsiasi storia. Qual è il tuo processo per sviluppare personaggi convincenti e memorabili?
Chiara: Dal mio punto di vista non è possibile creare personaggi convincenti se non ci si addentra nel loro mondo interiore. Il lavoro di approfondimento psicologico è quindi determinante nel modo in cui do forma ai personaggi. Per farlo, cerco di immedesimarmi in quello che qualcuno potrebbe provare in una determinata situazione. Non è necessario aver vissuto un evento in prima persona per operare questa immedesimazione, sta tutto nella sensibilità di chi scrive. Ho fatto molta meno fatica a calarmi nella mente di Vivian, la protagonista femminile, non tanto perché sia donna, ma perché ha una forma mentale più simile alla mia. Suo padre, Will, invece ha tratti molto diversi e molto più inquietanti. A volte è stato spaventoso pensare come lui, nonostante ciò spero di essere riuscita a renderlo realistico. Questo però sta ai lettori giudicarlo.
ACVC: "La Bestia a Due Schiene" tocca tematiche complesse e profonde. Qual è il messaggio o il tema principale che speravi di comunicare ai lettori attraverso questa storia?
Chiara: Sicuramente non è un romanzo facile da leggere, proprio perché le tematiche sono forti e in alcuni creano a priori un senso di repulsione. Tuttavia, è mia profonda convinzione che non esista nulla che la letteratura non possa raccontare. Un romanzo non deve necessariamente avere una morale, un lieto fine o contenere elementi rassicuranti. Anzi, i romanzi che ho sempre preferito sono quelli che sconvolgono il lettore, mettendolo brutalmente di fronte a qualcosa che lo spaventa.
Come società tendiamo a percepire alcuni comportamenti come devianti e mostruosi, e l’incesto è tra questi. Alcune persone ritengono che chi adotta questi comportamenti debba essere eliminato, anche violentemente, e che non se ne debba mai parlare.
Io, da scrittrice, sono interessata alla natura umana in ogni suo aspetto, quindi credo che sia giusto, almeno nell’ambiente protetto della finzione narrativa, essere liberi di esplorare tutte le sfaccettature dell’essere umano.
ACVC: La struttura narrativa del libro è coinvolgente. Puoi parlarci della tua decisione di utilizzare questa struttura e come hai gestito la narrazione tra due prospettive?
Chiara: Come ho già detto in precedenza, per me un buon approfondimento psicologico dei personaggi è fondamentale. Per riuscire a renderlo al meglio ho scelto di adottare un narratore in prima persona, alternando i punti di vista dei due personaggi in modo da ripercorrere i loro pensieri. Questo approccio è utile anche a suggerire i cambiamenti che avvengono man mano che la storia procede. Ad esempio, quando le condizioni mentali di Will peggiorano, la narrazione in prima persona diventa contorta e caotica, quasi un flusso di coscienza in cui si intrecciano pensieri e allucinazioni. Oppure, un altro modo in cui ho usato il punto di vista alternato è per suggerire il progressivo avvicinarsi dei due personaggi. Inizialmente ad ogni capitolo corrisponde un punto di vista preciso. Con il procedere della storia, però, i due personaggi diventano sempre più uniti e in alcuni capitoli l’alternarsi dei punti di vista è più serrato, per suggerire la progressiva compenetrazione della mente dell’uno in quella dell’altra.
Infine, un altro motivo per cui ho scelto di raccontare in prima persona è per evitare che il lettore possa “scappare” dallo spazio angusto creato dal rapporto ossessivo tra Will e Vivian. Il lettore non ha altri riferimenti se non quelli che loro gli danno, e se vuole andare avanti a leggere deve necessariamente iniziare a vedere le cose dal loro punto di vista, anche se questo dovesse risultare inquietante.
ACVC: Infine, quale consiglio daresti a chi sogna di diventare uno scrittore o una scrittrice?
Chiara: Sicuramente quello di leggere il più possibile, spaziando tra vari generi e tra opere di epoche diverse. Questo è imprescindibile se si vuole imparare a scrivere bene, sia dal punto di vista stilistico sia dal punto di vista dei contenuti. Non possiamo pensare di essere scrittori senza avere la consapevolezza di quelli che ci hanno preceduto. Innanzitutto possiamo imparare da loro, e inoltre più abbiamo letto meno corriamo il rischio di creare trame già viste o usare tecniche di scrittura in modo ingenuo.
Ringraziamo del tempo che Chiara ha dedicato alla nostra intervista segnalandovi il link per acquistare l'opera prima "La Bestia a Due Schiene".
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